L’olio si produce da sempre, ma cosa è cambiato rispetto ai nostri nonni?

La raccolta delle olive di un tempo

Da metà ottobre fino a dicembre, quando i frutti iniziavano a cambiar di colore, ci si dedicava alla raccolta delle olive.

Gruppi di famiglie, con spirito di festa e accomunati dallo stesso obiettivo, si davano aiuto reciproco in questo duro lavoro.

Dalla mattina presto alla sera, sotto la pioggia o il frequente nevischio e senza essere fermati dal mal di schiena o dalla febbre, i contadini continuavano a stendere i teli sotto le vecchissime piante sparse negli appezzamenti, coglievano le olive raggiungibili con le mani e, arrampicandosi sulle scale appoggiate ai tronchi, allungavano le canne per scuotere anche i rami più alti affinché  nessuna parte del raccolto andasse perduta. Dietro, le donne insieme ai bambini e ai vecchi si occupavano di raccogliere quel che era appena caduto e metterlo nelle ceste.

Anche le donne davano un grande
contributo alla raccolta

Ogni uomo era in grado di cogliere oltre un quintale al giorno.

A fine giornata, con il calar del buio, si caricavano sui carri tutte le ceste ben riempite e ci si dirigeva a casa.

Oggi le olive vengono portate direttamente al frantoio e macinate nell’arco di poco tempo, al massimo 48 ore per non far aumentare troppo l’acidità interna dell’olio che non perde nessuna caratteristica sia in termini di sentori e gusto, sia in salubrità

Ma un tempo non era proprio cosi.

Si preferiva farle asciugare per aumentare cosi la resa (e anche per pagare meno il frantoio in verità)

Le olive quindi venivano portate nelle case, portate sul solaio e stese in terra ad asciugare. Girate giornalmente per evitare fermentazioni.

Ogni 10-12, anche 20 giorni, poi venivano portate al frantoio per la produrre dell’olio (vedi anche: la produzione dell’olio oggi).


IMPORTANTE:

Prima di andare avanti, vorrei spiegarti una cosa molto importante che molti contadini, anche attuali, non comprendono.

L’oliva, una volta iniziata a maturare, ha già una precisa quantità di olio al suo interno.

Quel che varia, invece, è l’acqua.

Appena colta ne avrà in abbondanza, con il passare dei giorni poi, asciugandosi, ne perderà molta.

Questo andrà ad influire certamente sulla resa dell’olio.

Lasciarle “sovramaturare” sull’albero o farle asciugare (proprio come un tempo) prima di portarle a molire, aumenterà certamente la resa dell’olio (i litri di olio che escono per quintale di olive franto), anche di molto.

Ma restituirà un olio di qualità mediocre e con caratteristiche attenuate (e anche di molto)

Quello che cambia all’interno dell’oliva è la percentuale di acqua. L’olio non si “crea magicamente”. Calando, cala anche il peso del raccolto.

Ma è bene ricordarsi che, da quando l’oliva viene colta dall’albero, inizia il suo processo di degradazione e, di conseguenza, anche l’olio al suo interno.

Più resa ma meno qualità.

Tu che preferiresti?

Io le olive per il mio olio le scelgo attentamente. Devono avere un’invaiatura (il cambio di colore da verde a violaceo) del 60%, essere belle, sane e raccolte a mano (per non subire uno stress eccessivo).

E soprattutto molite entro 48h.

Di olio, proprio per questo, non ne faccio molto. Se anche tu lo volessi per casa puoi cercarlo qui (se ne è ancora rimasto, altrimenti dovrai aspettare la prossima stagione) : Olio di Frantoio

Tornando al passato…


Arrivate al frantoio, le olive venivano versate in vasconi di attesa per essere macinate.

Proprio come oggi,  il frantoio diventava un luogo comune, dove intere famiglie si riunivano a chiacchierare, scambiarsi pareri e fare previsioni per il futuro in attesa del proprio turno.

Le olive finivano poi in un’enorme macina a pietra dove venivano ridotte in fine poltiglia.

Il frantoio di un tempo

Le due enormi ruote giravano continuamente su se stesse collegate attraverso un robusto palo alla schiena di un povero asino che girava in tondo tutto il giorno.

Quando il frantoiano decideva che la pasta di oliva era pronta, dava ordine ai garzoni di procedere con la pressatura.

La pasta appena macinata veniva stesa su dei dischi in canapa chiamati “fiscoli”.

Posta in successione alla macina, si trovava la pressa.

Ogni cinque fiscoli metteva un disco di ferro, fino a fare una pila alta un metro e mezzo. A quel punto, asini o garzoni che erano, spingendo un palo legato al torchio, iniziavano a far chiudere la morsa del torchio. Dallo sgocciolatoio iniziava ad uscire un liquido denso e scuro che veniva poi messo in vasche in muratura a riposare.

Le presse

Inizialmente si aspettava il processo naturale di separazione dell’olio dall’acqua e dalle impurità.

Le sapienti mani del frantoiano si differenziavano dalle altre meno esperte verso la fine, quando erano le uniche a saper prendere il filo d’olio superficiale rimasto senza portar su con la ciotola anche l’acqua.

Successivamente fu introdotto il separatore, una grande centrifuga che separava l’acqua vegetale dall’olio. Qui si vedeva la gioia nata dal veder spuntare il frutto di un lavoro fatto di sacrificio e pazienza.

Denso, fragrante, di un giallo paglierino, l’olio appena uscito, era raccolto nei recipienti portati dal proprietario delle olive e fatto riposare ancora a casa.

Oggi come allora, l’uscita dell’olio è una festa.

E’ raccogliere un anno di lavoro, speranza e attesa condito dalla fatica di una raccolta estenuante e intensa.

Ogni anno, è sempre la stessa emozione.

Anche se i risultati non sono mai gli stessi. Può andar male e può andar bene.

Ma l’abitudine di passare velocemente il dito sotto il filo d’olio continuo per assaggiare con curiosità e soddisfazione il loro olio verde, molti anziani ancora non l’anno persa. (anche se non si dovrebbe!)

Se vuoi assaggiare l’olio che produco, lo trovi qui: Olio di Frantoio

Un abbraccio

Il GastroAmante