L’uccisione del maiale per la famiglia contadina era un lieto evento atteso tutto l’anno.  

Erano momenti di festa perché significava cibo più abbondante e saporito del solito. 

Non parliamo di tempi chissà quanto lontani ma di appena 60/70 anni fa. 

E a me questo incuriosisce molto. 

Oggi siamo abituati a tutti i comfort possibili, ma un tempo non era affatto così. La vita era difficile, c’era poco e quel poco lo si apprezzava a lungo.

Io sono il GastroAmante e, del buon cibo, sono sempre stato un appassionato: quello sano, genuino e da leccarsi i baffi.

Ma come si fa a riconoscerlo se non conoscendo la storia, le sue caratteristiche e la sua produzione?

Questa rubrica: Tradizioni contadine, nasce appunto per conoscere la storia. 

Sono tutte le informazioni che, nel corso del tempo, ho raccolto e unito in un enorme quadro. 

Sei pronto?

Incominciamo allora.

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Introduzione

Negli annuali, l’inizio del periodo del maiale (ossia quando si incominciava a pensare all’organizzazione per il suo trapasso) era il giorno di Santa Lucia, il 13 dicembre. 

Dalle mie parti però, era usanza macellare il maiale il giorno dopo quello della befana: il 7 gennaio, durante il periodo più freddo dell’anno.

Era effettivamente un’operazione delicata. 

Lo sforzo, per tutto l’anno, era stato abbondante e, quindi, l’attenzione dedicata era più del servito.

Noi chiamavamo parenti e amici a darci una mano.

Il maiale d’altronde era arrivato al suo massimo splendore, pesando dai 160 ai 200,250 kg. 

E ti assicuro che, tutto quel peso per un uomo solo, è difficile da gestire.

L’inizio

Di buon mattino veniva acceso il fuoco per scaldare l’acqua

Se in famiglia non c’era nessuno di esperto (e quasi sempre era l’anziano), si chiamava il norcino del paese. Quasi ogni paese aveva il suo.

Nel mio caso, nonno Arturo sapeva davvero il fatto suo e guidava sapientemente tutte le operazioni.

Quando il norcino arrivava, il maiale, a digiuno da un giorno, veniva  portato fuori dalla stalla senza agitarlo e, rapidamente veniva “scannato” (sgozzato).

Ormai morto, veniva legato velocemente  ai piedi posteriori e issato su una carrucola legata al soffitto  della rimessa per far scolare il sangue che, caparbiamente raccolto dentro una bacinella, veniva successivamente fatto bollire sul fuoco e, senza farlo coagulare, veniva aggiunto:  sciroppo alla frutta,un po’ di cannella, mezzo chilo di cacao, chiodi di garofano tritato e qualche foglia di alloro dando vita al sanguinaccio.

Dalle mie parti si chiamava così ma, in ogni luogo, prendeva un nome diverso. Qualche piccola sfumatura alla ricetta e nasceva qualcosa di diverso. 

Il bello dell’Italia è questo. Abbiamo tante, tantissime tradizioni diverse. Simili ma mai uguali.. ed il bello è proprio questo.

Tornando a noi..

Gli altri, (di solito almeno cinque uomini) muniti di affilati coltelli, buttando l’acqua bollente sulla pelle dell’animale, velocemente iniziavano l’opera di spellatura e rasatura del pelo

L'uccisione del maiale
L’uccisione del maiale

Si toglieva tutto lo sporco e si grattava via la peluria. Il processo poteva durare fino ad un paio d’ore. 

La divisione delle due mezzene

A quel punto, si procedeva ad eviscerare l’animale.

Le interiora non si sarebbero dovute rovinare come anche i vari organi. 

Il norcino procedeva a incidere il ventre,  levare le interiora e a dividere la carcassa in due mezzene (tradizioni contadine: la sezionatura delle carni del maiale), si recuperavano:

  • Le budella, usate qualche giorno dopo per fare gli insaccati dopo essere state ben lavate e sgrassate in una bacinella in acqua e aceto.
  • Lo stomaco, svuotato, ben lavato e tagliato a striscioline ottimo per farci la trippa.
  • Il cuore, il pancreas, i reni e i polmoni insieme al fegato venivano fatti asciugare e passati al tritacarne. Conditi con sale, pepe e peperoncino davano vita a delle ottime salsicce di fegato.

Successivamente le due mezzene venivano trasferite in un locale freddo e ben areato per subire la frollatura.

Un piccolo inciso…

 L’allevamento del maiale era il più economico ai tempi.

Rappresentava il modo più redditizio per mettere a frutto tutti gli scarti e gli avanzi di casa.

 Il siero del formaggio, la crusca con le granaglie, gli scarti della verdura e della cucina, le bucce di patate e la frutta danneggiata o invendibile. Le ghiande delle querce che delimitavano le proprietà o le castagne del bosco..

Tutti alimenti di cui il maiale era ghiotto e che noi, non sapevamo come sfruttare.

Per chi poteva permetterselo, il maiale è sempre stata  una vera ricchezza

Quella carne rappresentava la scorta per l’intero anno da usare con molta parsimonia e a dosi sempre troppo scarse se rapportate alla fame di quegli anni. 

La sezionatura della carne 

la lavorazione delle carni
La lavorazione delle carni

Sulla sezionatura della carne, si percorrono due strade di pensiero differenti. Chi prediligeva la frollatura e chi no.

La frollatura è il processo con il quale la carne arriva alla giusta maturazione diventando più tenera, saporita e digeribile. Consiste semplicemente nel lasciar appesa la carne  a testa in giù in un luogo freddo.

Ed io ne ho ricordi ben chiari. 

Di quando, la stanza dove erano appese le mezzene era inavvicinabile. Guai a poterle andare a vedere

Dopo la frollatura, che oscillava tra i 3 ai 7 giorni, o tornava il norcino o lo si faceva in casa, si “smontavano” le due mezzene. 

La sezionatura era un’operazione molto delicata in quanto, se fatta male, rischiava di rovinare i tagli della carne.

I tagli della carne sono ben visibili a chi ha l’occhio allenato.E’ come se il maiale fosse composto da più parti unite tra loro.

L’animale veniva sezionato in: 

  1. La testa
  2. Il guanciale
  3. Il lardo 
  4. Il capocollo o lonza
  5. Il lombo
  6. Le costine 
  7. la spalla
  8. Lo zampino
  9. La pancetta
  10. Il filetto
  11. Culatello
  12. due prosciutti (con le cosce posteriori del maiale)
  13. Le frattaglie

Da qui il detto: “Del maiale non si butta via niente

Effettivamente, quel che avanzava del maiale, era ben poco.

Le varie sezioni

Regione che vai, nomi, ricette e usanze che trovi.

I tagli di cui ti sto per parlare, sono quelli che utilizzava la mia famiglia un tempo. In ogni regione e luogo, ci sono usanze diverse.

la creazione dei salumi
la creazione dei salumi

C’è chi prediligeva la creazione di salami e chi invece si dedicava ai vari salumi. 

Chi conciava la carne in un modo e chi nell’altro… Tutta questione di gusti.

La testa

La testa comprendeva le orecchie, il grugno, il cervello, la coda e le cotenne. (sia testa che non).

Gli ingredienti venivano lessati per diverse ore, tagliati a pezzettini e speziati. Appesi e stagionati in sacchi di iuta davano vita alla soppressata o coppa di testa.

Il guanciale

Il guanciale, da sempre considerato un taglio povero, veniva principalmente utilizzato per i grasselli del salame e, quando avanzava, veniva messo sotto sale e poi stagionato per dar vita ad un prodotto saporito molto simile alla pancetta.

Il lardo

Il lardo è la riserva di grasso sulla schiena del maiale. Utilizzata spesso per il grasso dei salami, quando lo spessore era superiore a 8 cm veniva arricchito di foglie d’alloro tritate, pepe nero in grani, sale grosso, peperoncino, rosmarino e altre spezie e stagionato. Sciolto dentro la minestra o scaldato su un pezzo di pane risultava perfetto per arricchire la povera mensa dei contadini.

Il capocollo

Il capocollo, come rivela il nome, la parte relativa al collo dell’animale, rifilato e messo sotto sale, con la giusta maturazione dava vita alla lonza o coppa piacentina (ma anche capocollo…) 

Anche se la parte di carne è sempre la stessa, quel che cambia e che creerà un salume totalmente diverso, è la sua lavorazione. 

La coppa piacentina infatti, è la mia preferita. Leggermente più grassa e saporita perchè nati da suini molto grandi, è conciata utilizzando la cannella che la rende perfetta per me. Saporita, avvolgente e piacevole al palato.

La lonza romana invece, nasce da suini leggeri. E’ più piccola, più magra e lavorata con finocchietto (che la rende più dolce)

Il capocollo del sud, amanti del fuoco, è condito con abbondante peperoncino.

Il lombo

Il lombo, era utilizzato come carne fresca. Venivano ottenute le braciole e le bistecchine.

Le costine

Le costine, cioè la parte relativa alle costole, venivano cucinate sulla brace durante i giorni di festa.

La spalla

La spalla si metteva sotto sale per 15 giorni, lavata con acqua e aceto si insaporiva con aglio e, completamente impepata, veniva stagionata per diversi mesi. Dava vita ad un prosciutto più piccolo e saporito.

Lo zampino

Lo zampino veniva lavato molto bene e le unghie venivano rimosse. Bollito, accompagnava le lenticchie nei freddi pasti invernali.

La pancetta

La pancetta è la parte anteriore del costato. Se il maiale risultava molto grasso, veniva salata e stagionata in maniera distesa. Se il suino non era cresciuto abbastanza e quindi la pancetta risultava magra, veniva invece arrotolata.  

Con il tempo poi questa tradizione si è anche invertita. Ad oggi si stagionano pancette molto più magre e, le pancette arrotolate, risultano molto grasse.

Filetto e culatello

Il filetto e Il culatello venivano usati come carne fresca.

Oggi ad esempio, il culatello viene trasformato in prosciutto ed è molto, molto rinomato. Si pensi al culatello di zibello DOP ad esempio.

Il prosciutto

Il prosciutto era il taglio più pregiato. 

La sua lavorazione era quasi un segreto. Ogni famiglia aveva la sua ricetta che, come per i formaggi, tramandava gelosamente di padre in figlio.

La mia, te la ricostruisco tramite i miei ricordi. 

Da sempre sono stato appassionato e non mi sono mai perso una vicenda.

Le due cosce venivano poste sotto grandi pesi affinchè non rimanessero tracce di sangue e “massaggiate” per cinque giorni vicino l’osso. 

Si mettevano poi sotto sale per un periodo tra i 21 e i 28 giorni.  

Passato il periodo si conciava: si faceva “l’agliata” e anch’esso impepato. Lasciato riposare per un giorno, era appeso per almeno 12 mesi. Durante la stagionatura si massaggiava lo strutto insaporito con pepe nero sulla parte viva.

Il grasso

Il grasso era di vari tipi: il lardo, la sugna per il prosciutto e il lardello per i salami. La maggior parte veniva usato per la produzione di insaccati. Dalla sugna avanzata, si ricavava lo strutto.

Le frattaglie

Le frattaglie erano composte dalla carne di avanzo delle varie rifilature. Passate nel tritacarne e insaporite con il grasso in dosi ben precise si aggiungeva sale e spezie con un po’ di vino. Passate nell’insaccatrice erano mangiate fresche come le salsicce o stagionate come salami

Si procedeva poi con la stagionatura dei salumi ma di questo te ne parlerò in un altro articolo.

Beh, che dire… la storia parla già da se.

Il maiale è sempre stata una di quelle ricchezze che la famiglia contadina portava con se. 

Oggi quei tempi sembrano essere lontani, se non lontanissimi eppure, per migliaia di anni, si è vissuto cosi.

Non scordiamoci mai da dove siamo venuti.

Spero che questa lettura sia stata lieta. Ti invito a condividere questo articolo con i tuoi amici. 

Rendere consapevole il prossimo rende felici.

Un abbraccio 

Il GastroAmante