Grana Padano DOP e Parmigiano Reggiano DOP.

Due must della tradizione.

Ormai è da tempo che mangio entrambi e, sempre da tempo, imparo continuamente informazioni nuove.  

Dietro il Grana ed il Parmigiano poi… c’è un mondo da scoprire! 

Con questo articolo lo scopriremo insieme: storia, curiosità e caratteristiche di questi formaggi dalla storia millenaria (Si perchè lo è sul serio!). 

Io sono il GrastroAmante (chi sono) e da sempre mi dedico alla scoperta del Buon Cibo. Mi piace scoprire, conoscere e apprezzare quel che la nostra terra ha da offrire, quel cibo sano, genuino e da leccarsi i baffi.

Puoi scoprire anche tu l’Italia qui: i miei cibi preferiti

Ma tornando a noi...

Un pò di argomenti di cui informarti ne ho trovati, questo qui è l’indice.

Introduzione

Parmigiano Reggiano e Grana Padano sono conosciuti ed apprezzati in tutto il mondo, considerati un vero e proprio inno all’eccellenza Italiana.

Basti pensare che, il 41% di forme prodotte del Parmigiano vengono esportate all’estero (fonte: consorzio Parmigiano Reggiano).

Ma sono consumati abbondantemente anche nel Bel Paese. Si stima che il consumo medio pro capite di Grana Padano in Italia si attesti intorno ai 5 kg annui!

Insomma… hanno una certa importanza.

Sono entrambi formaggi dai mille usi e dalla storia antichissima.

Che spesso però vengono confusi tra loro. 

Ma effettivamente non è così.

Nell’insieme possono apparire simili ma, nel dettaglio, le peculiarità sono differenti a tal punto che entrambi hanno avuto la denominazione DOP.

Traggono in inganno per la loro consistenza speculare, la forma e il luogo di origine ma, le differenze le ho subito notate al palato. 

Si notano e, ti invito ad osservarle tu stesso dopo la lettura di questo articolo assaggiandoli entrambi, magari insieme nello stesso pasto.

Li trovi qui: se non sono presenti è perchè non sono disponibili.

Scendendo nel particolare, disciplinari alla mano, la cosa che in primis risalta all’occhio è la rigidità delle linee guida del Parmigiano Reggiano Reggiano, argomento che affronteremo tra qualche riga.

Se vuoi scoprire il mondo dei formaggi ti invito a leggere l’articolo: formaggio: industriale vs artigianale.

Non manca nulla. Alla fine saprai riconoscerli distinguerli e capirne il valore.

Le caratteristiche in comune

Leggendo appunto i disciplinari, si può notare che, Grana Padano e Parmigiano Reggiano, in comune hanno più di un elemento. Sono caratteristiche non copia-incolla ma molto simili.

Dimensioni e struttura della pasta

Entrambi hanno la forma simile dagli scalzi bombati e dal peso analogo oltre ad avere la medesima tessitura granulosa della pasta.

Scendendo nel particolare…

Caratteristiche del Grana Padano

Il disciplinare vuole che venga realizzata una forma cilindrica dallo scalzo (la parte verticale del formaggio)  leggermente bombato con facce piane e leggermente orlate.

Si sa, le forme essendo comunque nate da una produzione artigianale non saranno tutte uguali.

Ma ci sono dei range da rispettare per considerare la forma come Grana Padano DOP.

La grandezza può variare nel diametro sino ad un massimo di 10 centimetri, dai 35 ai 45 cm, con un’altezza compresa al massimo tra i 18 e i 25 centimetri.

Il peso, di conseguenza, varierà tra i 24 e i 40 kg ma, indicativamente, tutte le forme si attestano intorno ai 37-39 kg.

Queste sono le caratteristiche che notiamo subito quando entriamo in un negozio fornito.

Caratteristiche del Parmigiano Reggiano

Il disciplinare del Parmigiano Reggiano prevede cose molto simili.

Anche qui richiede che la forma sia cilindrica con lo scalzo leggermente bombato, con facce piane e leggermente orlate.

Anche qui la forma può variare di 10 centimetri, dai 35 ai 45 cm ma lo scalzo può essere alto tra i 20 e i 26 cm.

E’ imposto solo il peso minimo della forma che si attesta a 30 kg anche se, in generale, è di 39 kg.

Le origini

Storia del parmigiano

Entrambi hanno origini lontanissime risalenti al Medioevo dove, 1000 anni fa, i monaci benedettini nella provincia di Reggio Emilia e i monaci cistercensi dell’abbazia di Chiaravalle crearono rispettivamente il Parmigiano Reggiano e il Grana Padano.

Entrambi provengono dalla pianura padana ed entrambi nacquero “per necessità”.

Furono considerati sempre gemelli sino al 1951 dove, tramite convenzione, si stabilirono le caratteristiche che li differenziavano.

La storia del Grana Padano

Anno 1000.

Sicuramente non fu un bel periodo.

Siamo a cavallo tra il basso medioevo e l’alto.

Epoca di carestie e vita difficile. 

Il cibo era molto poco e non si sprecava nulla dei prodotti che la terra o il bestiame generavano.

I monaci di Chiaravalle, iniziarono proprio in quel periodo la bonifica delle paludi intorno al Po. (ricordiamoci che la pianura padana iniziò ad essere bonificata dall’enorme palude qual era nel 1000/1050). 

Allevando vacche, il latte in eccesso veniva trasformato in formaggio. 

Ma non uno fresco, comunque deteriorabile ma in un formaggio che doveva conservarsi il più a lungo possibile.

Come abbiamo visto in altri articoli, per creare il formaggio stagionato, è necessario “cuocere” la cagliata al fine di espellere quanto più siero possibile e diminuire l’umidità.

Beh, i monaci fecero proprio questo, spingendosi anche ad una temperatura molto alta: 55 gradi (quando normalmente ci si spinge sui 45/48 gradi al massimo.

Secondo la storia, l’antenato del “Grana Padano” nacque nel 1135 dai monaci dell’abbazia di Chiaravalle.

Certo, un’informazione cosi precisa è molto più probabile che sia leggenda, ma si sa con certezza che, in quel periodo, nei monasteri, si iniziava a produrre questa tipologia di formaggio.

I monaci, legati molto al latino, lo chiamarono “Caseus Vetus”. Il popolo poi, molto più volgare, lo ribattezzò “Grana”.

Grana perchè la sua pasta era molto granulosa.

Quello considerato “il più antico” è quello nato nel Lodigiano ma, il milanese, il Parmigiano, il Piacentino ed il Mantovano nacquero subito dopo. 

Negli anni, la sua fama crebbe rapidamente arrivando nelle corti reali. 

E’ curioso l’episodio della lettera di Isabella d’Este al padre Alfonso, signore di Ferrara, nel 1504.

Fu citato il Grana Padano! 

meza forma de formazo per uno, perchè il facto loro consiste più in bontà cha in quantità

Isabella d’este

Da li fu un continuo crescendo sino ad arrivare nella prima metà dell’800 dove, con l’unità d’Italia si iniziò a dedicare sempre più tempo al miglioramento della materia prima da destinare alla caseificazione del grana.

Il tempo corse veloce sino ai giorni più recenti.

Nel 1951, finalmente furono identificate e associate l’esatte caratteristiche al nome. Il Grana, per essere chiamato tale, doveva rispettarle.

Era già considerato DOP? 

No, non ancora. 

In Italia fu dichiarato DOP tre anni più tardi, nel 1954 e, nella prima metà dell’anno, si creò il suo consorzio di tutela. 

Ci vollero altri 40 anni (nel 1996) prima che l’UE lo riconoscerà come DOP.

La storia del Parmigiano Reggiano

La storia del Parmigiano Reggiano è molto simile. 

Come detto, sino a quando non si stabilirono effettivamente le caratteristiche dei due formaggi, spesso venivano confusi.

Anche il Parmigiano nacque per necessità, sempre a ridosso della Pianura Padana ma, in modo particolare, il territorio di origine fu più ristretto, nelle campagne della città di Reggio Emilia.

Qui, i monaci benedettini, sfruttando il sale proveniente dalle saline di Salsomaggiore e al latte delle mucche delle campagne, crearono il “caseus”, un formaggio in grado di conservarsi nel tempo senza rovinarsi.

C’è un approfondimento da fare:

Nel 1400, in pieno sviluppo dei feudi, iniziarono a sorgere i primi caseifici adiacenti alle vaccherie  per trasformare il latte velocemente. 

Oltre il proprio, si lavorava anche il latte dei mezzadri che aiutavano il casaro per la propria lavorazione.

Da qui i caseifici vennero chiamati “turnari” e divennero punti di riferimento, oltre che produttivi, anche sociali.

Con il passar del tempo, il Parmigiano iniziò ad affermarsi. 

Le prime “tutele” nacquero a ridosso del 1600 quando, tramite un atto del duca di Parma Ranuccio I Farnese del 7 agosto 1612, si ufficializzò la denominazione d’Origine

In particolare si stabilirono i luoghi dai quali doveva provenire il formaggio da chiamarsi “di Parma”. 

Da qui la storia corre veloce sino ai giorni nostri, seguendo l’iter del Parmigiano Reggiano.

Con il riconoscimento della DOP nel 1954 e la creazione del consorzio di Tutela.

Se vuoi scoprire dei formaggi artigianali veramente da leccarsi i baffi scopri i miei prodotti preferiti.

La denominazione

Entrambi hanno avuto il riconoscimento di formaggio D.O.P. (denominazione origine protetta). 

La prima distinzione tra i due fu fatta nel 1951.

Ad entrambi furono riconosciute delle caratteristiche ben distinguibili.

Nel 1954 ricevettero la DOP italiana e si crearono i primi consorzi che si trasformarono poi in consorzi di tutela.

Nel 1996 ricevettero entrambi il riconoscimento da parte dell’UE.

Ad oggi sono tra i DOP più riconosciuti al mondo.

Vuoi scoprire altre DOP buone come loro? Vedi qui.

La mungitura degli animali

Entrambi i disciplinari prevedono che venga utilizzato il latte di massimo due mungiture.

CURIOSITA’ Parmigiano Reggiano: le razze che producono il latte (vacche rosse, frisone…)

Il latte utilizzato per la produzione del Parmigiano, solitamente, è quello delle frisone

La frisona italiana è la mucca nera e bianca che ti sarà capitato di vedere almeno una volta. 

Il Parmigiano Reggiano più pregiato però è un altro. Il vero discende dalla razza Reggiana.

Tra i vari allevatori, infatti, c’è chi ha voluto dedicare la produzione dei suoi animali per un latte ancor più adatto: quello della Bruna Alpina e quello della Vacca Rossa Reggiana, più comunemente chiamata Vacca Rossa, razza autoctona del Nord Italia.

E’ il latte storico utilizzato per la produzione del Parmigiano Reggiano

Più ricco di proteine, caseina e calcio rispetto a quello della Frisona.

Di contro però c’è da dire che la Vacca Rossa produce ⅓ del latte della Frisona.

Ma, scendendo nel particolare, le vacche rosse producono un latte con una variante della caseina tradizionale predisposto per la stagionatura ed una migliore digeribilità.

Le differenze ci sono poi anche nel gusto: Il Vacche Rosse sarà più persistente sul palato, dolce e delicato.

Per tutelare chi si impegna a dare più del massimo allevando questo genere di razza, c’è un consorzio apposito: il consorzio vacche rosse.

Con un disciplinare ancora più rigido rispetto a quello tradizionale (già rigido di per sé), il consorzio garantisce agli intenditori un Parmigiano ancora più speciale.

Il caglio e gli innesti

Anche se a latte crudo, viene aggiunta ulteriore flora batterica di rinforzo ad entrambi. 

Lungi dal pensare che siano i classici fermenti industriali.

Ogni caseificio riproduce autonomamente la flora batterica che utilizza dal siero del giorno prima, lasciato maturare la notte e poi utilizzato nella lavorazione del giorno dopo.

Entrambi utilizzano solo caglio animale, più specificatamente quello di vitello.

Curiosando, ho sentito che per il Grana, sarebbe possibile anche utilizzare caglio vegetale. 

In verità ciò è falso. 

Il disciplinare conferma il solo utilizzo del caglio di animale. 

I processi produttivi

Entrambi hanno un processo produttivo simile.

Il latte

Il latte utilizzato per entrambi i formaggi, come detto, nasce dall’unione di due mungiture: solitamente quello intero della mungitura della mattina unito a quello scremato della sera precedente.

Qui una leggera differenza c’è in verità.  

Il latte della prima munta, per il Parmigiano Reggiano, deve essere scremato. Quello della seconda intero invece.

Nel Grana, si può eseguire la stessa cosa o, anche, scremare entrambe le munte.  

Cosa comporta ciò?

Che il Grana ha una percentuale di grasso inferiore, attestata tra lo 0,8 e 1,05% (rapporto in caldaia tra grasso e caseina)  rispetto al Parmigiano che consente un massimale tra l’1,1 e l’1,2%.

Essendo meno grasso, matura prima. (approfondiremo più avanti questa cosa)

Le caldaie

La caldaia per la produzione del Parmigiano Reggiano
La caldaia per la produzione del Parmigiano Reggiano

Le caldaie per la produzione sono di rame a forma di campana rovesciata.

Si utilizza il rame perchè ha un’ottima conduzione del calore (molto più dell’acciaio) e, come ho raccontato in altri articoli, è perfetto per creare formaggi.

Più in generale, non tutti i formaggi possono utilizzarlo però, per il suo utilizzo servono delle deroghe e concessioni particolare, riservate solamente alle produzioni di un certo livello.

Curiosità sulle caldaie del Parmigiano

Sai qual è un’altra curiosità davvero interessante?

Il disciplinare del Parmigiano prevede che le campane di rame possano essere utilizzate solo una volta al giorno.

E’ possibile riutilizzare solamente il 15% delle caldaie per una seconda caseificazione. 

Con la possibilità di poterlo produrre tutti i giorni dell’anno. 

Un tempo però non era affatto cosi.

Il Parmigiano Reggiano veniva prodotto solamente nel periodo compreso tra aprile e novembre. 

Quando i campi sono rigogliosi, l’alimentazione è fresca e si produce un latte ricco e profumato. Lo approfondiremo più tardi.

Cottura della cagliata

Entrambe le cagliate, una volta prodotte e poi rotte con lo spino sino alla grandezza di un chicco di riso, vengono cotte fino a 55 gradi e stazionano sotto il siero prima di essere travasate negli stampi. 

CURIOSITA’: la produzione 

Ogni campana contiene 1000 litri di latte in grado di creare due forme gemelle di Grana Padano.

Per il Parmigiano Reggiano servono indicativamente 500/550 litri, essendo la forma un pò più grande.

Per 1 kg di Reggiano, servono la bellezza di 14 litri di latte (solo di altissima qualità, secondo le regole del disciplinare che prevede l’utilizzo di un alimentazione senza insilati).

Per il Grana Padano il discorso è equivalente.

Che significa tutto ciò?

Che un litro di latte produrrà solamente 70 grammi di formaggio!

Detto questo, come abbiamo visto, tante sono le similitudini. 

In fin dei conti è vero, è possibile confonderle e possono sembrare simili.

Queste hanno fatto si che, sino al 1951, questi prodotti erano spesso confusi tra loro.

Da quel momento in poi, tramite la convenzione firmata, si iniziarono a distinguere le caratteristiche e a dar vita ad una loro identità ben distinta e separata.

Ma quali sono queste differenze effettivamente?

Beh, ci sono e vorrei parlarne con te. 

Le differenze

La zona di produzione

Parmigiano Reggiano: molto più ristretta. Comprende le province di Bologna, Mantova, Parma, Reggio Emilia e Modena. 

Geograficamente parlando è il territorio racchiuso tra la destra del fiume Pò e la sinistra del fiume Reno.

Il fortino si può indicare nella provincia di Reggio Emilia. Li è prodotta la maggior parte del Parmigiano Reggiano.

Se hai modo di osservare la mappa, la zona è molto ristretta. 

Pensare che in una zona cosi piccola viene prodotto il formaggio più riconosciuto al mondo beh, a me un pò mette i brividi.

Grana padano: più ampia. Comprende il territorio di 32 province ubicate in 5 regioni: Lombardia, Piemonte, Trentino Alto Adige, Emilia Romagna e Veneto. (Nonché diversi stagionatori dislocati.) 

Da qui, nasce anche una parte del suo valore. Produrre Parmigiano Reggiano non è per tutti.

Curiosità: il Trentingrana

Il trentingrana invece è la variante del Grana Padano DOP prodotta esclusivamente nella provincia di Trento.

E’ della famiglia del Grana Padano ma, in parte ci si discosta. Alcune linee generali, come l’utilizzo degli insilati o della lisozima, provengono dai disciplinari del Grana Padano.

Diciamo che, idealmente, si può disporre ad egual misura tra i due. 

Parlando in generale, la differenza tra i due territori è enorme. Il Grana Padano può essere prodotto praticamente in quasi-tutto il Nord Italia, mentre il Parmigiano Reggiano ha una zona di produzione piccola e ben delimitata, come anche il Trentingrana, proveniente dalla sola provincia di Trento.

Se ne producono appena 100.000 forme l’anno.

L’alimentazione delle mucche

Le prime differenze importanti escono già nella fase di produzione della materia prima.

Nel Parmigiano Reggiano: Il rigido disciplinare prevede che gli animali vengano nutriti solo con foraggi, freschi o affienati, prodotti nella zona delimitata dal regolamento e soprattutto, senza insilati

Nel Grana Padano invece, gli animali possono essere nutriti siano con foraggi freschi o secchi che con insilati (principalmente di mais) prodotti nella zona delimitata dal disciplinare e in piccola parte comprata all’esterno.

APPROFONDIMENTO: Cos’è l’insilato di mais?

L’insilato di mais è un alimento con il quale si nutrono le vacche lattifere.

Di per se, il termine “insilato” non indica necessariamente l’insilato di mais ma, correttamente, si utilizza per indicare il frutto dell’insilamento, una tecnica per conservare il foraggio per gli animali.

In cosa consiste l’insilato:

L’insilato consiste nel sminuzzare il trinciato di mais (ossia la macinatura della pianta del mais integralmente, senza nessuno scarto), compattarlo e lasciarlo fermentare in ambienti chiusi privi di ossigeno.

Può avvenire al chiuso (dentro quegli enormi silos che vedi passando accanto alle aziende agricole) o anche all’aperto, purchè sia per isolato da teli per non far passare l’ossigeno.

Prima viene trinciato, sminuzzato e sigillato e migliore sarà la sua qualità.

Il composto inizierà a fermentare diventando molto appetibile per l’animale, al pari di un pasto succulento.

L’insilato, nel caso del Grana Padano, comporta l’utilizzo di un conservante, lo approfondiremo tra poco.

La produzione

Parmigiano Reggiano: viene prodotto tutti i giorni dell’anno poiché il disciplinare impone una sola produzione al giorno. Inoltre, i caseifici possono lavorare solo questo specifico prodotto e nessun altro tipo di formaggio. 

Grana Padano: sono ammesse due lavorazioni e i caseifici possono sopperire ai costi della stagionatura producendo altre tipologie di formaggio.

CURIOSITA’ sul Parmigiano

Fino a non molto tempo fa, il Parmigiano Reggiano poteva essere prodotto solamente nel periodo che va da Aprile a Novembre.

E’ il periodo della rinascita della natura. L’erba è verde ed i pascoli sono in abbondanza. 

Da poco si è passati a produrlo invece tutto l’anno.

Questa differenza influisce nettamente su tutto il “mondo” dei relativi formaggi.

Creare un caseificio solo per la produzione di una determinata tipologia di formaggio, vedi il Parmigiano Reggiano, ti espone a rischi economici non indifferenti.

I conservanti

Parmigiano Reggiano: il regolamento non prevede alcun tipo di conservante. Il formaggio è completamente naturale.

Grana Padano: è consentito l’uso della lisozima, una proteina utilizzata come conservante naturale estratto dall’albume dell’uovo di gallina.

E’ necessario l’utilizzo della lisozima?

No, ma è il suo utilizzo è molto conveniente.

Viene ammesso un utilizzo molto basso, un massimo di 2,5 gr ogni 100 litri di latte utilizzato, e, serve per prevenire fermentazioni inaspettate da parte del Clostridium Tyrobutyricum durante la stagionatura.

Qualora prenderebbe piede il batterio, il formaggio si rovina, completamente. I batteri formano acido burritico e gas generando odori sgradevoli, un gusto non piacevole e creando crepe e occhiature all’interno. 

La forma sarebbe irrecuperabile.

E’ pericolosa la lisozima? 

No, in natura è già presente nel latte e, in noi umani, nella saliva e nelle lacrime. 

Ma, come detto, è necessaria per via dell’utilizzo degli insilati.

Ed il Trentingrana?

Il Trentingrana  invece vieta l’utilizzo di insilati e la lisozima non serve. Proprio come per il Parmigiano

CURIOSITA’: i conservanti del Grana Padano

Fino al 1991, nel Grana Padano, era addirittura consentito l’impiego della Formaldeide da disciplinare.

Utile a contrastare la proliferazione dei batteri.

Ma la Formaldeide ho sempre saputo essere molto tossica.

Leggendo però, so anche che viene metabolizzata nel nostro corpo in un altra molecola atossica.

Non ho approfondito, ma comunque per fortuna adesso è soltanto un ricordo lontano. 

La stagionatura

Seppur stagionando per molto tempo entrambi, maturano in condizioni diverse.

Entrambi, prima di essere contrassegnati come DOP, vengono sottoposti all’espertizzazione. Analizzando, forma per forma, quelle arrivate alla stagionatura minima.

L’espertizzazione del Parmigiano Reggiano

Hai presente quando ti mostrano i casari che battono con un martelletto sulla forma?

L’espertizzazione è proprio questo.

Battendo, spillando e carotando il formaggio, si valuta se ha raggiunto le caratteristiche fisiche e sensoriali idonee per essere marchiato a fuoco con il segno della DOP.

Per il Parmigiano si dividono in tre categorie:

  •  Parmigiano Reggiano “scelto”: perfettamente in sintonia con tutte le indicazioni del disciplinare. Viene poi marchiato a fuoco.
  • Parmigiano Reggiano “mezzano”: è quello che presenta alcuni difetti nella crosta ma che ha le stesse identiche caratteristiche organolettiche tipiche. Viene marchiato a fuoco anche questo ma è possibile riconoscerlo poichè vengono marchiati a fuoco dei solchi paralleli sullo scalzo della forma (la parte verticale e bombata).
  • Formaggio “sbiancato”: è quello che si è rovinato. I difetti sono talmente rilevanti che non è possibile marchiarlo DOP.  La crosta viene grattata di alcuni millimetri e si tolgono via i marchi DOP. Non si può definire Parmigiano e, naturalmente, non può avere alcun riferimento.

Solitamente l’espertizzazione avviene:

Al 9 mese per il Grana Padano

Al 12 per il Parmigiano Reggiano.

Non è vero quindi che le forme appena prodotte quindi sono subito DOP.

Lo diventeranno solamente dopo 9/12 mesi.

Qui puoi scoprire due dei formaggi che amo di più stagionati quanto il Parmigiano Reggiano: lo Stravecchio di Malga, dalla consistenza simile ma molto più saporito perchè nato da latte di alpeggio e lo Stravecchio di Pecora, maturato anch’esso per almeno 9 mesi.

Tornando a noi

Parmigiano Reggiano: più lunga. Il disciplinare richiede una stagionatura minima di 12 mesi

E’ comune scoprire forme che stagionano anche per molto ma molto più tempo. Si arriva a stagionarlo anche oltre 10 anni!

Se vuoi scoprire la differenza di gusto durante la stagionatura salta alla lettura del prossimo punto.

Grana Padano: più breve, la stagionatura minima prevista è di 9 mesi. L’ideale è a 16 mesi ma si possono raggiungere anche i 24. 

A 20 mesi si può fregiare dell’etichetta “Riserva”.

Il Grana Padano, avendo un minor contenuto di grassi rispetto al Parmigiano Reggiano, matura in tempi più brevi.

Si scaglia, molto bene ma crea “briciole.

La stagionatura si può notare anche da questo.

Più il formaggio è fresco e più si scaglia nettamente. E’ morbido e la lama affonda nettamente.

La stagionatura porta una diminuzione dell’umidità, asciugando il formaggio.

Si scaglia ma creerà molte “briciole”.

Sai che sia nel Grana che nel Parmigiano Reggiano è presente la tirosina? 

La Tirosina è il miglior indicatore naturale della stagionatura.

Puoi scoprire più approfonditamente nell’articolo Tirosina: il miglior indicatore di stagionatura 

Il sapore

La differenza più grande sta certamente nel sapore:

Parmigiano Reggiano

Tendenzialmente il Parmigiano Reggiano ha un sapore più complesso, sapido saporito e pieno, con note dall’erbaceo alla frutta secca. Gusto sempre più deciso col protrarsi della stagionatura. 

Le caratteristiche delle stagionature del Parmigiano

All’aumentare della stagionatura, cambia qualcosa?

Si molto. 

Innanzitutto il Parmigiano Reggiano diventa più digeribile. 

Gli enzimi trasformano lentamente le caseine in aminoacidi semplici rendendo il formaggio adatto anche agli intolleranti o allergici.

Il sapore poi muta e si trasforma nel corso del tempo.

12-18 mesi.

E’ il tempo minimo di stagionatura che impone il disciplinare. Il formaggio è ancora all’inizio del suo cammino ed è ben lontano dalle sue vere caratteristiche.

E’ abbastanza anonimo e si assomiglia con altri formaggi.

C’è da dire che è ancora molto “fresco”: si sente il sapore del latte fresco e delle erbe di campo con retrogusti  la pasta è morbida e scioglievole

Ideale di accompagno nei piatti non impegnativi, freddi o negli aperitivi. 

A cubetti o a scaglie.

Si abbina con vini leggeri, bianchi e frizzanti.

N.B. non è ancora un formaggio da grattugia. C’è il rischio che si depositi tra i suoi dentini e, sulla pasta, filare quasi.

Come riconoscerlo nei negozi:

In giro puoi riconoscerlo grazie al Bollino Aragosta.

24 mesi

Già sui 22-24 mesi, inizia a mostrare le sue caratteristiche classiche. E’ quello più comune, che si trova più facilmente.

E’ quello che molti considerano come il migliore per assaporarne al meglio il gusto.

Inizia ad irrobustirsi nel sapore ma rimane comunque ancora dolce, prendendo quell’aroma di burro fuso e sentori di frutta esotica.

Appaiono i primi cristalli di tirosina.

Sai cos’è la tirosina?

E’ il miglior indicatore per una stagionatura correttamente effettuata. Non mi dilungo troppo ma se vuoi salva questo articolo: “Tirosina: il miglior indicatore della stagionatura di un formaggio“.

E’ assolutamente consigliabile degustarlo in purezza anche se poi si abbina perfettamente anche ad ogni altro tipo di piatto. 

Questa è la stagionatura media del Parmigiano. Ottimo da assaggio a scaglie ma comunque non invadente come condimento per i piatti. 

Perfetto con l’insalata (e l’olio buono) ma anche con secondi di carne.

Effettivamente qui le caratteristiche sono armoniche e molto piacevoli. 

Il vino di accompagno deve “irrobustirsi” anch’esso. Consiglio un vino mediamente corposo.

Come puoi riconoscerlo nei negozi:

Grazie al Bollino Argento che indica almeno 22 mesi di stagionatura.

36-40 mesi

Sui 3 anni e mezzo di maturazione della forma, il sapore inizia a farsi sentire.

Il formaggio viene infatti chiamato “Stravecchio”. 

E’ complesso, strutturato e deciso.

Gli aromi sono di frutta speziati. Sentori di Pepe nero e noce moscata donano un retrogusto marcato, quasi piccante ma mai eccessivo

Il Parmigiano ormai ha perso molta umidità ed  inizia ad asciugarsi.

A parità di peso, è ben più ricco di sostanze nutritive infatti. 

La pasta diventa infatti più friabile e granulosa. Al palato è leggermente farinosa. I cristalli di tirosina appaiono e generano questo effetto.

Assolutamente da gustare in purezza. Una bella scaglia a fine pasto non può che risollevare i morali. 

Ma anche grattugiato migliora notevolmente il piatto. 

Armonico, piacevole… proprio buono! 

Mi piace.

Lo abbino con vini rossi, corposi e ben strutturati. 

Lo preferisco al 24 mesi perchè più consistente nel sapore. Qui, il Vero Parmigiano, si sente eccome! 

In quello più fresco gli aromi sono presenti ma più attenuati. 

Qui spiccano, molto.

Credo di aver trovato il migliore: lo trovi qui, tra i prodotti che amo mangiare.

Come lo puoi trovare nei negozi:

E’ quello contrassegnato con il Bollino Oro. Indica la stagionatura oltre i 30 mesi.

60-120 mesi.

E’ un’eccellenza… anche troppo eccellente.

Come lo è per l’olio (ne ho parlato qui), lo stesso discorso vale anche qui.

Il formaggio, sui 24 mesi inizia ad esprimersi.

Ai 36-40 mesi da il meglio di se.

dai 60 in su, gli aromi iniziano talmente a concentrarsi che risulta molto forte.

Rimarrà sempre una chicca molto piacevole. Ma rilegata alle occasioni con amici veramente speciali.

Altri tipi di Parmigiano Reggiano

Del Parmigiano Reggiano esistono alcune varianti più “esclusive”.

Parmigiano Reggiano BIOLOGICO

Nasce da latte proveniente da allevamenti nel distretto con certificazione “BIO”.

Per poter essere certificato come BIO, ci sono delle precise regole da rispettare.

Non è previsto l’utilizzo di antibiotici per il bestiame ed il loro foraggio deve essere completamente naturale.

Pascoli più ampi e benessere dell’animale in primis

Il Parmigiano Reggiano BIO ha una marcia in più. E’ completamente naturale, cosi come si dovrebbe far sempre.

Parmigiano Reggiano DI MONTAGNA

Nasce da latte proveniente da allevamenti nel distretto allevate in zone montane.

E’ ancor più pregiato: ha un colore giallo paglierino un pò più intenso, il sapore è deciso e spiccato.

La produzione è ancor più difficile: i mangimi per le mucche devono provenire per la maggior parte da territori montani ma comunque racchiusi all’interno dell’area di produzione. 

Deve essere prodotto in montagna e stagionato in montagna.

Capirai da te il valore aggiunto che ricevono le forme classificate come “Parmigiano Reggiano di Montagna”

Come è possibile riconoscerlo?

Il Parmigiano Reggiano di Montagna si riconosce dal marchio blu contrassegnato da due vette di montagna stilizzate e dalle diciture “Progetto Qualità “Prodotto di Montagna” – Consorzio Parmigiano Reggiano.

E’ raro, molto. 

APPROFONDIMENTO: Il Parmigiano per i bambini

Qual è la miglior stagionatura per la dieta di bambini e adolescenti?

E’ tra il 24 e 36 mesi.

Più il formaggio stagiona e più cala la possibilità di sviluppare intolleranze.

La caseina viene infatti scomposta in amminoacidi liberi tramite Proteolisi (il processo, appunto, tramite il quale gli enzimi scompongono la principale proteina del latte).

E’ la stagionatura ideale perchè è perfetto per essere grattugiato sulle pappe, gustoso e al tempo stesso anche molto digeribile.

Grana Padano

Risulta molto più burroso e morbido al palato. Per chi ama il gusto più leggero e delicato.

una caratteristica tipica di questi formaggi.

9-12 mesi

Raggiunta la stagionatura, il Grana Padano risulta dolce, delicato e con un ricordo di latte. Il colore è ancora molto chiaro e tenue, ha appena iniziato la maturazione praticamente.

Non ha infatti la struttura tipica a scaglie ma la pasta è molto più fondente.

Si utilizza da grattugia ma anche da pasto, in fondo è molto delicato.

Accanto a vini leggeri e freschi.

rende Grana Padano DOP versatile all’uso.

E’ questo quello più indicato per creme e fondute, si scioglie senza problemi.

16-18 mesi

La stagionatura inizia a sentirsi.

Il colore parla da un beige tenue ad un colore paglierino più intenso.

La struttura diventa quella del Grana a tutti gli effetti. Adesso si scaglia.

E’ saporito ma non sarà mai piccante. 

Profuma di frutta secca e fieno.

Da pasto mostra tutto il suo splendore ma, anche utilizzato in cucina, non si sovrappone ad altri sapori ma lega e bilancia tutti gli ingredienti.

Appena più stagionato diviene ottimo anche per la pasta fatta in casa. 

I ravioli ed i tortellini godranno di quel tocco in più di sapore armonico.

Qui sono presenti i cristalli di tirosina

E’ facile da tostare per creare cialde croccanti e manteca ottimamente (certi risotti!…)

Ottimi sono i vini discretamente intensi ma ancora giovani.

Riserva: oltre 20 mesi

Quando diventa “Riserva”… beh, il Grana Padano arriva alla sua massima eccellenza.

E’ il Grana Puro

Si scaglia, molto bene ma crea “briciole”.

La tirosina sotto i denti si sente. Lo si capisce dal “farinoso”.

La pasta è gialla paglierina intensa. 

Il sapore è deciso ma comunque mai aggressivo, il Grana Padano non lo sarà mai. Un leggero piccante si sente.

I sentori di fieno e frutta secca avvolgono con la loro armoniosità.

Cosa c’è di meglio nel servirlo su un bel tagliere di salumi e formaggi?

APPROFONDIMENTO: Fa bene il Grana Padano?

Si, come tutti i formaggi è molto ricco di proteine

Se, nei formaggi freschi, queste proteine sono molto più complesse perchè appena prodotte (come il lattosio)nel Grana Padano, l’azione degli enzimi, con il passar del tempo, levigherà e le scinderà in amminoacidi, più facilmente digeribili.

E’ per gli intolleranti al lattosio proprio perchè il lattosio non è presente, separato in acido lattico.

Ha sali minerali in abbondanza: calcio e fosforo.

Molto ma molto utili per il nostro corpo. Il Calcio, si sa, mantiene sane e in vigore le ossa ed i denti.

Il fosforo invece sostenta il cervello.

Le vitamine del gruppo A e B presenti, servono anch’esse per i denti.

Il consiglio sarebbe solo uno:

Mangiarne uno spicchio al giorno.

50 gr di grana, infatti, assicurano la metà del fabbisogno di calcio di un adulto, dai 18 ai 60 anni.

Bene, con questo ultimo approfondimento abbiamo sviscerato, almeno in parte, il mondo del Grana Padano e del Parmigiano Reggiano.

Queste sono le similitudini e differenze principali tra i due.

In verità ce ne sarebbero altre ma riguardano più che altro aspetti tecnici da disciplinare come ad esempio per il latte. 

Il latte per il Parmigiano Reggiano non può mai scendere al di sotto dei 10 gradi, quello del Grana mai sotto gli 8.

e tante altre…

Spero di esserti stato utile a comprendere questo fantastico mondo. 

Ti suggerisco questi approfondimenti se il mondo del formaggio ti affascina:

Formaggio di pecora: qualità e caratteristiche

Formaggio di capra: benefici e caratteristiche anche nella dieta.

Se poi, come me, sei un amante dei buoni sapori, ti consiglio di vedere qui le prelibatezze che mi piacciono di più.

Un caro saluto

il GastroAmante

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